Vinia Tanchis “ Luoghi dell’anima”

Recensione di Giancarlo Cecchini 

 

C’è un luogo dove la poesia s’identifica con l’essenza della vita. Dove i  viventi riescono a stare con i vissuti, con le persone care che non ci sono più, ma che si avvertono, tuttavia, come presenze con le quali si riesce a dialogare con semplicità e naturalezza. Questo luogo è la poesia di Vinia Tanchis, che percorre i sentieri dell’amata natia terra di Sardegna, accompagnata dalla madre: “… 

Non ci sei più,

ma tendimi la mano,

vieni con me,

guardiamo tra le foglie

se è nata

un’altra viola.

( A mia madre )

Così il rammarico di chi crede di non avere manifestato a sufficienza l’affetto alla persona amata durante la sua vita, si esprime come nei confronti di una persona semplicemente lontana, che si raggiungerà per rimediare alla carenza:

Dimentica, ti prego, il mio avaro ed inutile pudore

e quando arriverò dove tu sei,

lascia che ti stia accanto, fammi posto,

e finalmente ti coccolerò.”

( Quante carezze ).

La presenza della memoria è certamente un elemento costante, ma la vera  originalità poetica, in questo caso, consiste nella memoria del dolore che viene attualizzata, vissuta con la lucida partecipazione di chi ha il coraggio di non indietreggiare di fronte alle prove della vita, anche se non può man- care la paura di vivere che troviamo, ad esempio, nella poesia Crisi di coscienza o nel “

…e si spaura

l’anima mia

deserta tra i filari…

di Anima deserta.

 

 Non mancano temi connessi alle tragedie che il mondo ha vissuto in questi ultimi anni, come nelle poesie Notte a Sarajevo, Baghdad, o argomenti lega- ti all’integrazione fra la diversità delle culture, come nella poesia Ad uno zingaro. S’avverte anche un legame con il Montefeltro, come nella poesia Bozzetto. Quello, però, che permea indiscutibilmente, i versi di Vinia Tanchis, è il paesaggio vissuto. I fiori, i cinguettii, il manifestarsi della natura, i muri, gli orti, le ombre, i profumi, i grilli. Anche i pensieri gracchiano co- me i corvi ( Il giardino di meli ). Tutto è vissuto, appunto, niente è semplicemente descritto. In questo vivere l’amore per la sua Sardegna è predominante, con il mare incantato, il vento, il granito, i cavalli della Sartiglia, Oristano La Sardegna dei tempi felici dell’infanzia, dell’allegria che oggi torna velata dalla nostalgia.

In alcuni momenti la poesia diviene preghiera ( Preghiera, La preghiera del carcerato), o invocazione come in Al mio pettirosso:

… Porta via i miei pensieri più riposti,

le mie fiabe e i miei baci, le carezze,

i miei costumi ed i giochi con te…!

 o auspicio:

Se tornerai

spalancherò ginestre di gioia

e i nidi del giardino pigoleranno lieti a salutarti

come in Se tornerai, ma sempre rimane ben percepibile il fatto che tutto vive, resta, ritorna, nei luoghi dell’anima. 

 

(NOVANTA9- Maggio 2010- ANNO VII- N.13)