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VINIA  TANCHIS:  Hanno scritto

 

Vinia Tanchis - Luoghi dell’anima
Recensione a cura di Vittorio Verducci
ne “Il Convivio” Anno X n3 luglio-settembre 2009
 

Poetessa e scrittrice, Vinia Tanchis è prima di tutto un’intellettuale dagli interessi poliedrici che lei ha sempre coltivato con grande amore fin dall’infanzia.

Nata a Sassari, dopo aver conseguito la maturità classica ad Oristano, dove attualmente risiede, ha frequentato l’Istituto Universitario Orientale di Napoli e successivamente l’Università di Urbino laureandosi in Lingue straniere moderne. Ha insegnato per 36 anni l’inglese, coltivando contemporaneamente quelli che, si diceva, sono i suoi interessi fondamentali, la poesia e la pittura, e ricevendone i dovuti riconoscimenti con la vincita di numerosi premi in importanti concorsi nazionali.

Analizzare il suo libro di poesie “ Luoghi dell’anima ” è compito estremamente complesso, perché molteplici sono gli stati emotivi che esso trasmette al lettore: ne esamineremo perciò alcuni, con le precauzioni che sono d’obbligo in questi casi e con la speranza di cogliere quello che è il vero mondo interiore dell’autrice.

Innanzitutto una considerazione: Vinia Tanchis è una poetessa che attrae. Se cominci a leggere una sua poesia, ne devi necessariamente leggere un’altra, e poi un’altra e un’altra ancora, senza soluzione di continuità fino alla fine del libro, e ne vorresti avere in mano un altro, talmente coinvolgente è la sua parola, comunicata oltretutto in uno stile senza ridondanze, limpido e puro come una sorgente di acque cristalline.

Stile tutto pervaso da una squisita, femminile sensibilità, in piena sintonìa, in ciò, con i luoghi dell’anima, appunto. Uno stile ed un linguaggio che nel verso libero riescono a trovare armonia e musicalità, spesso assenti in tanta poesia contemporanea.

E poi le tematiche trattate sono numerose e, nonostante la semplicità con cui si presentano, oltremodo complesse. La Tanchis è contemporaneamente poetessa dei ricordi, dell’amore, del dolore, delle piccole cose : concetti che appaiono, direi simultaneamente, nelle sue poesie e che si compendiano in una felice sintesi entro la cornice del tempo, col suo inquietante eppur dolce fluire che consuma la nostra esistenza coni suoi mille interrogativi destinati a rimanere irrisolti.

Poetessa, si diceva, dei ricordi, dell’amore, del dolore. E’ la memoria dell’infanzia, quale momento irripetibile della nostra esistenza, per sempre trascorso eppur semprepresente nella nostra anima col suo carico, ad un tempo dolce e malinconico, d’affetti ... E’ il ricordo della madre che “amava la mammola gentile” e “il profumo del nespolo in fiore“, tenuta in vita dalla forza e dall’incanto dell’amor filiale che, nel luogo segreto ed innocente dell’anima, grida “…tendimi la mano, / vieni con me,/ guardiamo tra le foglie/ se è nata un’altra viola”.  E’ il ricordo struggente del padre, la cui morte ha dato a lui la pace , ma ha “sbranato” il cuore della figlia divenuto, con tante croci “il paese più straziato”.  E’ l’affetto della terra natale, delle sue colline, “che cantavano di giallo” e che diventano “colline del desiderio”, il cui mistero sarà rivelato dalle “trasparenze dell’alba” le sole che sanno dare “colore alle ombre”.

Già, le ombre, altra realtà, evanescente e contemporaneamente tesa a pervadere di penosa concretezza la poesia della Tanchis. Sono le ombre del dolore della bimba di Berlino con “ quegli occhi…/ spalancati amari/…derubati degli anni / da vivere./…/   E’ la notte di Sarajevo, la disperazione che traspare dagli occhi sbarrati dei suoi bimbi, piccoli esseri “già adulti/ e non è ancora l’alba”

Di questo suo mondo interiore, dei luoghi dell’anima, la poetessa non sa fare a meno: in essi si rifugia per immergersi nel colore del cielo che le sembra”più grande e molto più vicino”, mentre al di fuori della sua coscienza ne può vedere “solo un angolino” e il sole le appare sbiadire sulla vita che ha “il sapore di foglie avvizzite”.   Ed allora rintanarsi nella sua interiorità diventa per lei un imperativo categorico che le permette di rinvenire l’autenticità dell’essere e di percepire il pulsare del tempo, con il pesante fardello della vanità dell’esistere: quel tempo che tutto traveste in un impietoso, perenne turbinare, scagliando le cose nella sfera del nulla.

I luoghi dell’anima : sono questi l’unica certezza che per lei conta davvero e le consentono di trovare il conforto di Dio, l’unico che possa placare il dolore del vivere; ecco allora sgorgare l’appassionata preghiera rivolta al Padre supremo, perché ci faccia riascoltare la voce del cuore, e con essa, quella degli affetti e dell’amore, voci tramite le quali è possibile dare un senso all’esistenza.

Vittorio Verducci
Il Convivio - Anno X n. 3
Luglio – Settembre 2009 n. 38
 

 

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